Intervista con il compositore Yuval Avital su Alma Mater, la sua ultima opera icono-sonora in dialogo con Il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto esposta fino al 29 agosto alla Cattedrale della Fabbrica del Vapore a Milano.

Una foresta di 140 altoparlanti in terracotta e pietra realizzati in collaborazione con Architettura Sonora che riproducono suoni naturali e voci di nonne da tutto il mondo, un’installazione video che proietta immagini e le performance di Liliana Cosi e Oriella Dorella, le merlettaie di Cantù che tessono Il Terzo Paradiso in real time, le luci di Enzo Catellani e Il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto realizzato con terra contadina lombarda sono gli straordinari elementi che compongono Alma Mater.

L’opera, dal forte impatto sensoriale, mette in dialogo tutte queste strutture artistiche creando un’esperienza travolgente. L’immensità della Cattedrale diventa il tempio dell’universo femminile in tutte le sue espressioni: Madre Terra e Mater Familiae, grandezza riverita e temuta, fecondità e nutrimento, sensualità e tenerezza, potenza creatrice e devastante al contempo.

Yuval Avital, Portrait, Photo credit Dario Garegnani

Yuval Avital, Portrait, Photo credit Dario Garegnani

Paola Sacconi: Come nasce il progetto Alma Mater?

Yuval Avital: Alma Mater nasce dal mio percorso e si lega alle mie ricerche sulle arti globali portate avanti con il progetto Magà Global Arts, factory di performing arts che promuove l’interculturalità e la transdisciplinarietà in Italia.

I punti di incrocio tra le diverse culture sono divisi in due grandi meta approcci: da una parte quello semantico costituito da simboli, modelli, tematiche. Da questo punto di vista, uno dei più grandi archetipi è quello della madre in tutti i suoi aspetti e sfumature e in Alma Mater ci sono tutti i suoi derivati: culture, elementi visivi, sonori e tattili.

Dall’altra parte quello strutturale composto da gerarchie, simmetrie e asimmetrie al fine di creare complementarietà e contraddizioni, densità e rarefatto. Ho lavorato sul concetto di composizione nell’era globale: immaginiamo una strada piena di gente, di diversa provenienza e ascoltiamoli. Si può dire che questa è un’istallazione sonora multiculturale? Adesso immaginiamo che siano solo donne e che sussurrino. Ad un certo punto una donna comincia a cantare, si crea una struttura complessa; se poi aggiungiamo un’altra donna che canta una melodia diversa e se lo moltiplichiamo all’infinito si crea una stratificazione di rapporti che permette di generare quella che ho chiamato “foresta sonora”. Come in una foresta, le voci e i suoni sono tutti interconnessi, si intrecciano, si sovrappongono, nascono, muoiono, donando un forte senso di organicità.

PS: Come è avvenuta la composizione della struttura sonora dalle singole voci delle nonne ai suoni della natura, alla parte visiva, installativa e tattile?

YA: La composizione si ispira alla struttura gerarchica dell’Holon teorizzato dai filosofi strutturalisti. Un ente che già è interconnesso con le sue gerarchie si interfaccia con un altro ente. In Alma Mater ogni struttura che alimenta l’opera come quella sonora, il video performativo con Liliana Cosi e Oriella Dorella, le luci di Enzo Catellani, o la terra del Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto ha il suo livello di complessità. Sono enti a sé stanti che si interconnettono tra di loro creando un progetto unico.

Lo stesso simbolo del Terzo Paradiso richiama il tema dell’Holon, l’interconnessione delle strutture. L’opera di Pistoletto ha una concettualità vastissima: il simbolo viaggia in posti diversi, è composto da differenti materiali sviluppando molteplici inclinazioni del significato.

PS: Le voci sono amalgamate o qualcuna prevale sull’altra?

YA: In Alma Mater trovi tutto quello che si può fare con la voce e i rapporti tra esse. Una struttura complessa che si snoda sul doppio binario dell’equilibrio e dell’opposto. L’equilibrio di per sé è statico e dunque per creare dinamismo e movimento si devono introdurre continue dissimmetrie o simmetrie relative.

Alma Mater GÇô photo Samar Singh Jodha

Alma Mater, GÇô, photo Samar Singh Jodha

PS: Quanto ha influito la tua formazione accademica e non in Alma Mater?

YA: Siamo il risultato del nostro percorso di vita, dei nostri studi e delle nostre esperienze.

Ogni opera che ho realizzato è uno studio di tradizioni e anche questo progetto è stata una grande ricerca. Tutte le mie opere dialogano tra loro. Per esempio, il video delle étoile è legato al lavoro che ho fatto per Noise for Syd con le ballerine nude e il bodypainting, ma anche ad una performance che ho fatto con 16 ballerine nel biellese e infine deriva sicuramente dai miei studi di teatro liceali.

D’altronde, da una parte l’artista è una spugna che assorbe e crea un’inedita forma di sintesi ma dall’altra parte è anche uno scolapasta… tante cose le filtra per non esplodere!

PS: Alma Mater è un’installazione icono-sonora ma anche uno studio, ha un forte impatto sensoriale ed emotivo ma ha anche un carattere più scientifico. Come si legano questi aspetti?

YA: Facilmente. Il primo dialogo vero con la scienza è stato quando ho creato Unfolding Space nel 2012 con gli scienziati della NASA e dell’ESA. L’aspetto scientifico è un’altra parte fondamentale della realtà da cui si può detrarre informazioni e materie prime spettacolari. Nel caso di Alma Mater, l’INGV – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha fornito il supporto per tutta la parte dei suoni della Terra: vento, vulcani e terremoti.

Alcuni suoni hanno anche un significato devastante. Nella composizione sonora sono presenti i terremoti di Sumatra e dell’Aquila, fenomeni naturali che hanno ucciso, in quanto Madre Terra ci nutre ma anche ci divora. L’istallazione non vuole essere un ambiente sentimentale o nostalgico ma è intenso, primordiale, potente. Madre Natura ti dà la vita e te la toglie.

PS: Le voci arrivano da diversi istituti e archivi, il progetto Alma Mater può essere un archivio icono-sonoro?

YA: Si, è un archivio non organizzato in modo didascalico come un portale di informazioni ma è strutturato per restituire una sintesi di impatto emotivo. Dunque, da una parte è un archivio in quanto accoglie, raccoglie e conserva ma dall’altra parte si può definire anche un anti-archivio. Infatti se l’archivio vuole essere trasparente e dare un accesso veloce alle informazioni in questo caso l’archivio diventa un labirinto che non ti permette di ottenere immediatamente i dati ma devi cercarli; io stesso li trovo così, una follia per un archivista!

Arrivi a questo complesso algoritmo icono-sonoro che, non riuscendo a decifrarlo per la quantità estrema di informazioni, lo devi percepire come un unicum.

PS: Alma Mater è un work in progress e un progetto aperto?

YA: Certo. Siamo già in contatto con il Messico e altri paesi europei. Penso a quando Alma Mater sarà a Nuova Delhi, si potranno aggiungere le ballerine del Kentaki, altre voci, nuove sezioni. L’opera può davvero crescere negli anni con altre ricamatrici locali, altra terra contadina e continue variazioni e integrazioni sul tema.

Sicuramente l’idea è che sia anche un progetto itinerante. In primis, è fondamentale trovare il luogo che si presta come la Cattedrale in La Fabbrica del Vapore. Non può essere una struttura museale o, se lo è, deve essere uno spazio in grado di ospitare l’istallazione e con un retaggio culturale idealmente connesso all’opera stessa.

Il progetto da una parte è un site-specific dall’altra è trasformabile; le torri di Kiefer negli spazi dell’Hangar Bicocca sono difficilmente pensabili altrove, qui si possono immaginare diversi rapporti e adattamenti. Ad esempio mi piacerebbe allestire Alma Mater all’interno dell’ex Pescheria di Riva Nazario Sauro (ribattezzata Salone degli Incanti) a Trieste. Per ora una delle ipotesi è portare l’opera a Roma in occasione del Giubileo.

Sono previste altre tappe in Italia e all’estero ma non abbiamo fissato ancora nulla. Ci stiamo concentrando su questa prima tappa milanese: l’opera è appena nata e adesso la stiamo accudendo.

PS: Hai dialogato con Anish Kapoor e Michelangelo Pistoletto. Con quali altri artisti contemporanei ti piacerebbe collaborare?

YA: Con Anish Kapoor non c’è stato un dialogo diretto ma un confronto con la sua opera Dirty Corner, in Alma Mater invece ho lavorato direttamente con Michelangelo Pistoletto. In questo momento sto lavorando con il regista francese Lukas Hemleb. Sicuramente, mi piacerebbe collaborare con Bill Viola anche se, in verità, per me è molto facile costruire un dialogo con altri artisti. Infatti sono anti-individualista. L’Alma Mater family è composto da me, Catellani e Pistoletto: come una band, ogni artista ha dato il suo talento per l’emozione di lavorare insieme ad un progetto artistico senza sapere quale sarebbe stato l’impatto finale.

Mi stimola molto creare l’insieme e non mi sento minacciato dal confronto ma piuttosto ispirato. Parto da grandi esempi quali la Bauhaus, il Black Mountain College per costruire un modello di coworking artistico.

E’ impossibile catalogare il mio lavoro in un’unica disciplina e spesso l’anomalia di non sapere definirlo in una categoria fissa mette in tilt il sistema. Alma Mater fa parte di questo gruppo.

Gli spettatori arrivano, scoprono, si sdraiano, vivono le loro esperienze e si incrociano target completamente differenti: dalla curatrice Martina Mazzotta a Saturnino e Jovanotti, dai bambini alle casalinghe fino ai turisti. Ognuno crea la sua esperienza ma il sistema ancora oggi non sa come definirla, rimanendo vincolato ad un concetto di catalogazione ancora 900esco.

PS: Quali sono i tuoi progetti futuri?

YA: A Madrid ci sarà una prima esecuzione della composizione Kanaf per clarinetto, basso, video, elettronica sul rapporto tra cielo e uccelli. In autunno parte Fuga Perpetua, un’opera icono-sonora sul tema dei rifugiati nata da una coproduzione inglese, israeliana e italiana (Teatro Comunale di Modena). Per il prossimo anno sono previste due repliche di Reka. Infine sto iniziando a lavorare ad un’opera a Taipei per il 2017, un libretto basato sulla storia di uno scrittore di Taiwan con il coinvolgimento degli aborigeni locali.

Paola Sacconi

 

Cover image: Alma Mater, installation view, credits Paola Sacconi

Link: www.yuvalavital.comwww.magaglobalarts.comwww.almamater.info

 

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