L’archivio è lo scrigno che custodisce la nostra memoria storica collettiva. Maria Guercio, presidente dell’A.N.A.I. – Associazione Nazionale Archivistica Italiana, parla di conservazione, fruizione, mancanza di risorse e di necessaria ma lenta digitalizzazione.
“Chi non conosce la storia è destinato a ripeterla” è la frase del filosofo George Santayana incisa all’ingresso di un block di Auschwitz, come monito ai visitatori.
La dura lezione di una realtà innegabile e che irrimediabilmente stride con il raro coinvolgimento dato dai luoghi dedicati alla memoria. Agli occhi dei più, l’archivio appare come un luogo altro, ostico, di difficile accesso e di complessa consultazione, in cui il silenzio e l’aura emanata dai manoscritti costringono a una rispettosa distanza.
In occasione della rassegna “Ispirati dagli Archivi”, l’iniziativa che per una settimana apre le porte a moltissimi archivi della Penisola coinvolgendo la popolazione in un processo di conoscenza e riappropriazione della loro memoria, abbiamo posto alcune domande alla prof.ssa Maria Guercio Presidente dell’A.N.A.I. – Associazione Nazionale Archivistica Italiana.
Alessandra Ghinato: Com’è nato il progetto “Ispirati dagli Archivi” e quali sono le finalità?
Maria Guercio: L’iniziativa nasce in prosecuzione con quella organizzata nel 2011 “E non rimase più nessuno. Archivi e archivisti nella crisi italiana” con l’obiettivo di ricordare a utenti, cittadini, soggetti che producono e conservano patrimoni archivistici, l’importanza di queste fonti per la vita di tutti e di tutti i giorni.
A.G.: L’archivio è memoria storica ma anche selezione di memoria. L’archivista, o l’ente incaricato, decide cosa va mantenuto e cosa, invece, deve essere dimenticato. Come avviene questa selezione?
Maria Guercio: La selezione è una delle attività più importanti e difficili, essendo ogni documento un unicum. La decisione di distruggerlo, inevitabile per la quantità della produzione documentaria contemporanea e per qualificare ciò che si decide di conservare, implica comunque una perdita di contenuti originali. Per questo, un archivista di Stato partecipa sempre ai processi di selezione degli archivi delle pubbliche amministrazioni. Esistono procedure specifiche di nulla osta o di approvazione a cura di commissioni di sorveglianza per lo Stato in cui la parola finale sulla distruzione è degli archivisti di Stato, anche nel caso di digitalizzazioni che implichino la produzione di una copia digitale rispetto a un originale cartaceo. Quest’ultimo, poi, potrà essere distrutto solo con il consenso esplicito della Direzione generale degli archivi.
A.G.: A seguito dei cambiamenti in atto, quali sono le problematiche più urgenti nella gestione degli archivi?
Maria Guercio: Prima di tutto gli spazi dei depositi a fronte dell’enorme proliferazione della documentazione. C’è, poi, l’assenza di risorse umane: manca un ricambio generazionale all’interno delle istituzioni pubbliche, dal momento che oggi l’80% degli archivisti di Stato ha più di 60 anni. Ma, più di tutto, pesa l’assenza di infrastrutture e risorse per gli archivi digitali che diventeranno obbligatori come forma di produzione della memoria pubblica già nell’agosto 2016. Mancano le risorse, le competenze. La Direzione generale archivi fa fatica ad avere autorevolezza anche all’interno dello stesso Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Che, per inciso, ha subito il taglio di decine di dirigenti solo nell’ultimo biennio e ha nominato figure non adeguate per alcuni importanti istituti archivisti: sarà ancora più’ difficile ottenere ascolto senza dirigenti autorevoli e competenti nel campo del digitale a fronte di crescenti, e onnivori, interessi del mercato.
A.G.: Da presidente dell’A.N.A.I., qual è il suo approccio e quello dell’associazione nei confronti della digitalizzazione degli archivi? Qual è l’evoluzione della figura dell’archivista?
Maria Guercio: Come sottolineato in precedenza, il passaggio al digitale è inevitabile e diventa, potenzialmente, una grande opportunità. Serve, però, personale competente e ben formato, serve autorevolezza dell’amministrazione archivistica che deve dimostrarsi capace di stringere alleanze strategiche. L’archivista-record manager è già oggi, anche in base alla normativa approvata in questi anni, una figura in trasformazione: coordinatore di processi e figura centrale dell’innovazione nella pubblica amministrazione (e non solo). Serve formazione a tutti i livelli, in grado di interpretare con dinamicità e intelligenza il concetto di documento e di informazione pubblica e garantire affidabilità, accuratezza, persistenza e autenticità. Sono i principi che guidano da sempre la nostra azione e sono alla base della nostra formazione.
A.G.: Crede che il cartaceo possa essere completamente essere sostituito dal digitale? Quali sono i rischi e i benefici?
Maria Guercio: Non è tanto questione di crederci: il legislatore ha deciso senza prevedere alcuna condizione che questo passaggio completo al digitale avvenga. Naturalmente il rischio di grida manzoniane è sempre molto alto, tanto più in assenza di personale competente e di dirigenti preparati e consapevoli. I rischi sono, e li abbiamo già tutti abbondantemente sperimentati, legati a un ennesimo spreco di denaro senza che si ottengano risultati concreti. Su questo piano servono linee guida operative e reti di collaborazione. L’Associazione, d’intesa anche con l’Agenzia per l’Italia Digitale e con le Università, si sta muovendo in questa direzione. Ha creato un gruppo di lavoro, il G.I.A.D. (Gruppo Italiano Archivi Digitali – nda) che include la presenza di amministrazioni e privati, ma anche di professionisti soci dell’A.N.A.I., con il compito di promuovere conoscenza in questo ambito e produrre strumenti operativi per facilitare il passaggio al digitale senza penalizzare l’obiettivo prioritario di produrre, e quindi conservare, fonti in grado di essere mantenute nel tempo in quanto testimonianze affidabili.
A.G.: In riferimento all’attuale facilità, vera o presunta, di reperire informazioni, com’è cambiata la metodologia di ricerca dello studioso?
Maria Guercio: Il problema della ricerca attraverso gli strumenti e le fonti online è ancora aperto: si è fatto molto sul piano della teoria e dei metodi ma la documentazione è in buona parte cartacea; le istituzioni hanno avuto a disposizione così poche risorse che si sono spesso fermate alla mera sperimentazione, senza mai poter passare dal progetto alla reale produzione di sistemi informativi archivistici efficienti. Sono in arrivo, grazie anche all’azione dell’attuale ministro, risorse significative. Speriamo siano spese per favorire con intelligenza un’azione di digitalizzazione coerente senza assistere di nuovo a interventi a pioggia come è avvenuto in passato. In una fase di grave impoverimento delle istituzioni della memoria, serve, rispetto al passato, molta più oculatezza e capacità. I tecnici sono in grado di fare scelte adeguate. Speriamo che la politica li lasci fare senza interferire con obiettivi dal sapore populistico ma poco significativi nel medio e lungo periodo.
A.G.: Come si concilia il desiderio di divulgazione al grande pubblico della ricchezza degli archivi italiani e le necessità conservative che il patrimonio richiede?
Maria Guercio: È un problema che gli archivisti affrontano da sempre. Negli ultimi anni il problema è stato al centro di molti progetti che, quando è stato possibile, hanno usufruito di una sempre auspicabile digitalizzazione: ad esempio a Firenze si sono digitalizzati i patrimoni documentari più a rischio e più consultati. Così è avvenuto in molti altri casi.
Non c’è dubbio, dunque, che il patrimonio archivistico ha ricchezze ancora nascoste che devono essere comunicate al grande pubblico. Il problema più grande, però, è quello della necessità di aiutare il pubblico, e non solo gli storici, a usare l’archivio, di comprendere fonti che hanno bisogno di mediazione culturale per essere interpretate e fruite.
Per questo servono alleanze strategiche che coinvolgano le scuole, gli insegnanti e i produttori delle fonti stesse. Serve che i vertici delle amministrazioni e la politica abbiano la consapevolezza di quanto sia grande la ricchezza che questi patrimoni includono, ma anche di quanto fragili siano le fonti documentarie e di come quest’ultime debbano essere affidate ai professionisti del settore, non diversamente da quanto avviene in altri ambiti.
Non ci affideremmo mai alle mani di personale medico non specializzato per curare i nostri cari. Lo stesso deve avvenire per le nostre testimonianze storiche che sono anche strumento di trasparenza e documenti rilevanti per la nostra vita quotidiana.
Alessandra Ghinato
Link:
http://www.anai.org/anai-cms/
http://new.archivisti2016.it
Copertina: MILANO 18 Nov 2010 – MUSEO DEI MARTINITT, IN CORSO MAGENTA ATT SAVOIA FARAVELLI CATTANEO. Fotografo: Brandi Enrico.
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