La sezione più spettacolare di Art Basel si apre con il “sistema egocentrico” dell’artista tedesco Julius von Bismarck, il quale, accomodato su un personale ottovolante compreso di letto, scrivania e telefono, girerà ininterrottamente su se stesso per tutta la durata della manifestazione.

L’arte contemporanea è puro egocentrismo? Nell’edizione di Unlimited in corso un protagonista assoluto esiste: si tratta dello spettatore che partecipa ad esperienze estetiche di comportamento, di percezione degli spazi e di produzione di contenuti. Diversi punti di vista caratterizzano i progetti partecipativi in mostra: ludico (Opavivarà, collettivo di Rio de Janeiro, incoraggia i visitatori a creare il loro té gustandoselo in una comoda amaca); produttivo (David Shringley invita i visitatori a disegnare un modello nudo sovradimensionato e dai tratti caricaturali); spazio-percettivo (l’assemblaggio di biciclette di Ai Weiwei; l’installazione neon di Dan Flavin; l’Architettura cacogoniometrica di Gianni Colombo; l’arco di luce nella camera oscurata di Olafur Eliasson; l’investigazione sul potere fenomenologico del colore e della forma quadrata di Robert Irwin).

Gianni Colombo, Architettura cacogoniometrica, Art Basel Unlimited 2015

Gianni Colombo, Architettura cacogoniometrica, Art Basel Unlimited 2015

Secondo una chiara prospettiva storica, la mostra ripropone progetti nati tra gli anni ’60 e la fine degli anni ‘80: le opere di Franz Erhard Walther e Jannis Kounellis non erano esposte al pubblico dal 1989, l’architettura di Gianni Colombo era stata presentata alla Biennale di Venezia del 1984 mentre Officer at Night di Victor Burgin, la celebre serie in cui l’artista destruttura i dipinti di Edward Hopper con fotografie contemporanee, è del 1986.

L’idea di un’arte che si sviluppa nello spazio coinvolge anche l’installazione di opere di Emilio Vedova “…in continuum”, composta da 110 tele dipinte tra il 1987 ed il 1988 ed esposta per la prima volta al di fuori dello studio dell’artista, ora sede della Fondazione Vedova ai Magazzini del Sale a Venezia.

Emilio Vedova, ...in continuum, Art Basel Unlimited 2015

Emilio Vedova, …in continuum, Art Basel Unlimited 2015

Cesura lo spazio dell’esposizione l’opera di un altro artista italiano, nazionalità che con piacevole sorpresa è ben rappresentata, almeno per quanto riguarda gli artisti storicizzati, nella cornice internazionale: si tratta del dipinto su poliestere lungo tre metri di Dadaimano, Il movimento delle cose (1993), animato da minuziose scritte, appunti, piccole note impossibili da tradurre.

Qualche nota “expo-universale-sintomatica” si ritraccia nell’opera di Pascal Martine Tayou che presenta un’installazione armonica di alberi con sacchetti di plastica colorati al posto di fiori, mentre Maha Malluh installa una composizione di pentole in alluminio recuperate da diversi mercati e villaggi di beduini in Arabia Saudita in una sorta di ricerca archeologica sull’eredità visiva della cultura mediterranea. Pierre Huyge, invece, ci porta dritti all’Era Paleozoica con Cambrian Explosion, parte della serie degli ecosistemi in acquari che ha reso noto l’artista.

Pascal Martine Tayou, Plastic Tree, Art Basel Unlimited 2015

Pascal Martine Tayou, Plastic Tree, Art Basel Unlimited 2015

Una panoramica sulle opere video inizia con la pregevole l’installazione della russa Sanya Kantarovsky, autrice di un film animato fine e sensibile per delicatezza psicologica dove si sovrappongono, in un continuo gioco di rimandi, la tela dipinta di un uomo nudo dalle fattezze adolescenziali, canzoni soul e riferimenti all’accettazione dei cambiamenti sessuali. Il tema della sessualità è affrontato anche nel video in bianco e nero di Lorna Simpson (simulando una partita di scacchi l’artista interpreta sia il ruolo maschile che femminile in un gioco di scambi) e quello di Rivane Neuenschwander, il quale illustra attraverso i gesti dell’alfabeto muto il libro di Bataille sul ruolo dell’erotismo nel surrealismo.

Alla leggerezza del video di Martin Creed sulle difficoltà di un atto semplice come attraversare la strada si affianca l’impegnata l’installazione di Grace Schwindt “Only a free individual can create a free society”, dove l’artista ripensa alla storia delle conquiste civili degli anni ’60 e ’70 mettendo in scena in un set surreale un dialogo con attivisti di sinistra dell’epoca. Sulla scia della riflessione socio-economico-politica si collocano la mappa dei paesi debitori dell’International Monetary Fund (1994) di John Knight Worldebt e l’opera “Arab Spring” del francese di origine algerina Kader Attia: prendendo ispirazione dall’attacco al museo al Cairo, al centro delle rivolte della primavera araba, l’installazione consiste in più di 30 espositori da museo, distrutti ogni volta che l’opera viene esposta, mettendo in scena la dicotomia tra rivoluzione come atto distruttivo e potenzialità del cambiamento.

Di particolare intensità l’installazione meccanico-sonora Disarm di Pedro Rayes, parte di un progetto internazionale che consiste nel distruggere armi da fuoco e riutilizzarle, in funzione vitalistica, per creare strumenti musicali.

Da non perdere, fino al 21 giugno.

 

Deianira Amico

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