Chi non ha mai sentito parlare almeno una volta nella sua vita della cantautrice, compositrice, attrice, poeta e cantante Bjork?
Il MOMA dedica una retrospettiva all’artista di origini Islandesi ed alla sua carriera ventennale cominciata nel 1993 con l’album Debut e che continua tuttora con il nuovo album Vulnicura uscito nel 2015. L’esposizione creata da Klaus Biesenbach, curatore del MOMA e direttore del MOMA PS1, ha aperto i battenti l’8 Marzo e terminerà il 7 Giugno 2015.
La retrospettiva su Bjork è divisa in quattro parti: la prima, nella lobby, in cui il visitatore vede un voluminoso strumento musicale creato appositamente per l’album Biophilia; in seguito, procedendo verso le scale, ci si mette in fila per vedere il video Black Lake girato specialmente per il MOMA; dopodiché ci si fa largo in un’altra coda in un’altra stanza buia, dove i suoi video più famosi sono proiettati come Declare Independence (2008) e All is Full of Love (1997). La quarta e più lunga parte dell’esposizione è intitolata Songlines: un percorso che dura quaranta minuti in cui il visitatore, con l’aiuto di un’audioguida, attraversa tutti i momenti chiave nella carriera di Bjork mentre ascolta le sue canzoni e le sue poesie il tutto osservando i suoi costumi, diari, pettinature e scenografie.
L’esposizione è stata accolta dai critici d’arte con un grande disappunto: è stata marchiata come pacchiana, dislocata, non-finita, una perdita di tempo e di soldi ed indegna di un’artista così eclettica. The Economist ha paragonato lo sfoggio dei costumi di Bjork ad una mostra di vestiti degna dell’Hard Rock Café e del Museo delle Cere di Madame Trussaud; il New Yorker l’ha stigmatizzata come “L’imbarazzante schianto di Bjork al MOMA”. La maggior parte delle critiche è incentrata sulle effettive difficoltà nell’assorbire alcun tipo d’informazione dall’intera mostra; il visitatore passeggia brevemente in un percorso dove alcuni video, costumi e poesie scarabocchiate sono esibiti senza dare alcun tipo d’introspezione nella profondità del lavoro dell’artista. Pochissime informazioni sono date sulla vita e sulla carriera di Bjork e così facendo diventa impossibile comprendere il messaggio del suo immenso lavoro e quando si lascia la mostra, la domanda “Tutto qui?” sporge spontanea.
Bisogna tenere in mente che le critiche non sono mirate verso l’artista ma verso l’organizzazione dell’esposizione che sminuisce il lavoro di Bjork e costituisce un errore sorprendente da parte di un’istituzione importante quanto il MOMA. Il Curatore Klaus Biesenbach aveva già chiesto all’artista di esporre nel 2000, richiesta declinata all’epoca; probabilmente avrebbe dovuto rifiutare anche questa volta.
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