Il 16 settembre 2015 presso i Frigoriferi Milanesi si è tenuto il convegno “La Voluntary Disclosure delle opere d’arte: profili operativi e di opportunità” organizzato dalla casa d’aste Finarte in collaborazione con Open Care, società di servizi per l’arte.

In occasione del rilancio di Finarte e in previsione della prima asta che si terrà il prossimo 10-11 Novembre presso La Permanente a Milano, i professionisti della Fine Art si sono riuniti per discutere sulle implicazioni dell’attuazione della Voluntary Disclosure sulle opere d’arte in Italia.

Il mercato dell’arte è in costante aumento, il 2014 è stato un altro anno record con vendite per 51 miliardi di euro e con il superamento del precedente massimo storico di 48 miliardi di euro dell’anno pre-crisi 2007.

Partendo dal presupposto che lo scambio di informazioni sta diventando lo standard internazionale per contrastare l’evasione e la frode fiscale, la Voluntary Disclosure è uno strumento che consente ai contribuenti che detengono illecitamente patrimoni all’estero di regolarizzare la propria posizione denunciando “spontaneamente” all’Amministrazione finanziaria la violazione degli obblighi di monitoraggio. L’accordo dei 52 Paesi aderenti è stato siglato nel 2014 ma dal 2018 si aggiungeranno altri 31 Paesi. Tale accordo consente l’adozione di uno standard globale per lo scambio automatico di informazioni relativo a depositi bancari, interessi, dividendi, polizze e codici di identificazione fiscale.

Per quanto concerne il rapporto tra Voluntary Disclosure e Fine Art, il primo problema è stabilire il valore da assegnare a questi beni per la regolarizzazione intesa come mancato monitoraggio o dichiarazione di questi all’Agenzia delle Entrate nelle dichiarazioni dei redditi presentate dal 2009 al 2013. Se esiste un costo storico cristallizzato in un certificato di acquisto, questo può essere utilizzato come valore per la regolarizzazione. In mancanza di fattura o ricevuta, in seconda battuta si può utilizzare un eventuale contratto d’assicurazione in quanto il cliente ha necessariamente individuato, descritto e valorizzato il bene. In assenza di entrambi i fattori, si può procedere alla stima peritale così da verbalizzare e certificare il valore di mercato al momento della regolarizzazione.

Per la procedura di Voluntary Disclosure di opere d’arte, Assofiduciaria supporta il rimpatrio giuridico, un’alternativa al trasporto fisico del bene in Italia, ovvero un mandato di deposito mediante l’affidamento dell’amministrazione ad una società specializzata che agisce in qualità di fiduciaria e provvede all’adempimento di tutti gli obblighi tributari per conto del contribuente proprietario.

Inoltre la giurisprudenza giustifica l’acquisto dell’opera d’arte di valore come un investimento dunque è oggetto di autoriciclaggio e sottoposta all’applicazione della Voluntary Disclosure.

La regolarizzazione dal punto di vista tributario di opere d’arte detenute all’estero non ha alcuna rilevanza per quanto riguarda l’irregolarità dal punto di vista della normativa di tutela del Codice Urbani che disciplina il settore in Italia. Di conseguenza quando si applica la Voluntary Disclosure bisogna sempre porsi la domanda se la regolarizzazione, seppur necessaria, possa far emergere delle situazioni di irregolarità relative alla detenzione dell’opera all’estero, come il reato di esportazione illecita, semplicemente per il fatto che l’opera ha varcato il confine italiano in assenza di un attestato di libera circolazione o perché, se dichiarata di interesse culturale, non avrebbe potuto in alcun modo oltrepassare la frontiera.

Inoltre, i criteri per l’uscita dei beni si basano su una Circolare del Ministero della Pubblica Istruzione del 1974 e sono soggette ad un fortissimo carattere discrezionale.

Lo scorso anno gli operatori di settore si sono riuniti per formulare al governo un progetto di riforma che si articola in: un allungamento da 50 a 100 anni della soglia temporale per cui un bene può essere considerato un bene culturale ai fini della normativa di tutela; l’introduzione della soglia di valore prevista dal regolamento comunitario in vigore in tutta Europa tranne in Italia; l’introduzione di termini perentori con l’ipotesi di silenzio assenso nel caso in cui lo Stato non risponda alla richiesta di esportazione; la riforma della Circolare del 1974 con l’introduzione di criteri più certi e con un’applicazione omogenea sul territorio italiano.

E’ emerso dunque come le dinamiche siano complesse: da un lato l’obbligo di regolarizzare le opere d’arte attraverso l’applicazione della Voluntary Disclosure si scontra con le normative di tutela del Codice Urbani, dall’altro non è così remota l’ipotesi che l’opera emerga nel momento in cui per esempio si voglia immettere il bene sul mercato internazionale.

 

Paola Sacconi

Link: www.finarte.itwww.opencare.it

Cover image courtesy of Finarte

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