Francesco Pergolesi espone la sua raccolta fotografica presso il Project Space Autofocus
Arianna è il nome di fantasia della proprietaria di una merceria nel centro di Macerata ma è anche il nome della mostra attualmente visibile presso lo Spazio Autofocus di Torino. È possibile immergersi in una visione intimistica e in un’atmosfera suggestiva attraverso l’installazione realizzata in esclusiva dall’artista Francesco Pergolesi, autore del progetto Heroes, di cui Arianna ne è parte, per il Project Space Autofocus – Vanni. In questo spazio avvolto dal buio ma costellato da piccole lightbox è possibile indugiare il proprio sguardo, attraverso lenti fresnel, su piccoli oggetti, come a voler rendere l’osservatore parte integrante e interagente di quel mondo che Pergolesi descrive in Arianna. Uno spazio privato quasi segreto, come una sorta di piccola wunderkammer, ove sono raccolti oggetti preziosi che richiedono la giusta attenzione per essere scrutati e per godere del loro valore estetico e memoriale.
Pergolesi, attraverso le sue immagini, traccia la storia di coloro che si possono definire eroi contemporanei per il loro coraggio di continuare a vivere in un mondo che ha perso di vista quei luoghi in cui i mestieri si tramandavano e la socialità ne era una prerogativa imprescindibile. Le immagini descrivono questo mondo oramai in dissolvenza, di cui il fotografo si fa interprete e custode di una memoria collettiva che altrimenti scomparirebbe per sempre. Ed è per questo che l’archivio fotografico in progress di Pergolesi diventa uno strumento indispensabile per la collettività poiché narra le storie di vita quotidiana di un’Italia e dei suoi borghi ricchi di storie umane.
La fotografia da sempre è stata posta al servizio della collettività documentando e tracciando i cambiamenti che il tempo apportava alle città e ai suoi abitanti. Spesso durante i grandi rinnovamenti urbani della seconda metà dell’Ottocento i fotografi sono stati adoperati per immortalare, con i loro scatti, angoli di città di cui, altrimenti, non si avrebbe avuto più memoria. È il caso di Charles Marville, che fu incaricato di ritrarre la vecchia Parigi, o della Society for Photographing Old London.
Nel caso di Pergolesi però tutto ciò avviene in modo spontaneo e poetico quasi a voler sì documentare alcune scene di strada ma sempre con un fascino malinconico che solo una buona fotografia sa evocare. Pergolesi crea le sue immagini ricche di particolari e in grado di restituire allo spettatore una storia dalle qualità umane. Le fotografie diventano così dei frammenti di vita, espressione lirica di istanti preziosi immortalati e conservati presso l’archivio dell’artista che colleziona antichi mestieri ormai desueti, privati della loro funzionalità ma eletti a gusto estetico per un’arte in grado di valorizzare i “favolosi universi in estinzione” descritti attraverso le immagini e più compiutamente attraverso il progetto Heroes.

Francesco Pergolesi, Arianna, Macerata, 2015. Stampa ai pigmenti su carta Hahnemuhle, 60×90 cm. Courtesy Francesco Pergolesi
Valeria Ceregini: Quando e come nasce il tuo progetto fotografico Heroes? E da dove proviene la necessità di archiviare attraverso le immagini i mestieri e le botteghe di un tempo che sembrano ormai appartenere al passato?
Francesco Pergolesi: Heroes è un progetto fotografico – spiega lo stesso artista – nato nel 2013 nelle Marche e tuttora procede in varie parti d’Italia ed Europa. Un giorno, durante le mie molteplici peregrinazioni, un po’ per caso e un po’ per istinto, ebbi la fortuna d’imbattermi in un’affascinante libreria contenente pezzi da collezione, oggetti d’arte, teatrini di cartone e romanzi d’occasione. L’atmosfera a lume di abat-jour, gli odori della carta stampata ingiallita, il tempo che scorreva secondo altri parametri rispetto al “mondo là fuori”, mi hanno immediatamente ricondotto all’ infanzia trascorsa nella bellissima Spoleto. Ricordo che adoravo passare il tempo dal calzolaio o all’alimentari dove “nonna Righetta” mi mandava a fare la spesa. Sono cresciuto conservando l’amore per questi luoghi, in cui le relazioni umane sono ancora il centro della vita e della trasmissione di esperienza. Ho compreso che questi preziosi universi stavano sparendo, trascinati via da una misteriosa forza: una “Nuova Era” stava arrivando
V.C.: La tua collezione di immagini fotografiche è la dimostrazione di come il trascorrere del tempo abbia condizionato la vita commerciale di ciascuno dei personaggi che ritrai. Attraverso i tuoi scatti immortali, frammenti di tempo che rendono perenne ogni istante della vita di coloro che sono stati ritratti durante la loro quotidianità lavorativa. A questo proposito, come intendi restituire attraverso Heroes l’immagine collettiva di coloro che sono i soggetti del tuo progetto narrativo?
Francesco Pergolesi: Credo che nella prima frase che ho scritto per introdurre il progetto Heroes, si condensino tutta la poetica e il senso di questo lavoro:“Custodi di templi di un piccolo mondo in evanescenza, difendono con coraggio e fervida passione lo spazio dell’incontro, lo scambio e le relazioni, incastonati in modeste cornici rosicchiate dal tempo”
V.C.: Il tuo archivio fotografico è in continua evoluzione poiché il progetto Heroes è ancora in divenire. Che cosa ti spinge a voler proseguire a fotografare, ricercare e collezionare le realtà effimere che ritrai?
Francesco Pergolesi: Ogni scatto è frutto di un colpo di fulmine scaturito da un incontro casuale poi nutrito, nel tempo, da conversazioni, ricordi e passioni condivise. Questo è il vero motore del mio lavoro e la chiave di lettura dei meravigliosi mondi che ritraggo.
V.C.: La composizione delle immagini presume una messa in posa del soggetto e, soprattutto, una forte attenzione per il dettaglio cromatico. Di quale strumentazione fotografica ti avvali per creare le tue immagini?
Francesco Pergolesi: Non mi considero un fotografo nel senso tradizionale del termine, sono più interessato alla costruzione e alla regia della scena e alla relazione che si genera con ogni nuova realtà. Pertanto, per il mio lavoro mi avvalgo di differenti strumenti di ripresa, dal piccolo al grande formato, in base alla tipologia d’immagine da creare e alla logistica che varia considerevolmente da luogo a luogo
V.C.: Nella storia di questa arte, altri fotografi, in particolare dell’Ottocento perché testimoni di un cambiamento sociale epocale, si sono cimentati nella fotografia urbana come osservatori di un mondo in divenire. È il caso di John Thomson e del suo Street Life in London (1877) e del francese Jean-Eugène-Auguste Atget che fotografò il volto di Parigi in tutti i sui aspetti. Come ti poni rispetto a tali fotografi e ai loro lavori?
Francesco Pergolesi: Apprezzo molto i fotografi menzionati e il valore storico e sociale che contraddistingue il loro lavoro. Nella mia ricerca, il contributo documentaristico è strettamente connesso ad un ulteriore strato interpretativo. Ogni opera è un progetto a sé, frutto di un’intuizione immediata e poi approfondita nei minimi particolari, una mappa costellata d’indizi e citazioni che s’intrecciano alla realtà. I titoli delle immagini, di mia invenzione, i numerosi piccoli dettagli disposti accuratamente nella scena, celano e svelano allo stesso tempo il sentiero per addentrarsi in un altro mondo
Valeria Ceregini
http://www.francescopergolesi.com/
http://vanniocchiali.com/arte-giovane/
Copertina: Locandina Francesco Pergolesi, Arianna, Autofocus 7 – Vanni
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