L’istituto bancario d’oltralpe BSI rimarca il suo spirito internazionale nella promozione dell’arte contemporanea e le partnership con importanti istituzioni italiane.

BSI – Banca della Svizzera Italiana, fondata a Lugano nel 1873, è una delle più importanti banche della Svizzera e la più antica del Canton Ticino che dal 2000 ha dato il via a un’importante collezione di arte che punta al contemporaneo, con artisti come Tony Cragg, Mario Merz, Giulio Paolini, Alighiero Boetti, Fausto Melotti, Franz Ackermann, Alberto Garutti, John Armleder e tanti altri.

La collezione viene fruita dai dipendenti e clienti della Banca che si sono rapportati con un nuovo intendere il luogo di lavoro, grazie, ad esempio, all’intervento site-specific degli artisti Daniel Buren, Robert Barry, John Armleder e Liam Gillick e alla selezione di opere con cui le varie filiali sono allestite, in un processo di virtuoso approccio all’arte. Altre opere sono esposte e date in prestito a  musei e manifestazioni di importanza internazionale, di cui BSI sostiene l’attività, anche su territorio italiano. Un impegno a 360 gradi che si prende inoltre cura delle necessità e dei desideri dei suoi clienti attraverso il servizio di art advisory. Ne parliamo con Francesca Martinoli, Head of Art Management di BSI.

Alessandra Ghinato: Com’è nata la vostra collezione bancaria e quali sono le finalità?
Francesca Martinoli:
«La nostra raccolta d’arte che consta di oltre 1600 opere ed è frutto dell’accorpamento di almeno due importanti nuclei collezionistici nati in due momenti storici distinti e con finalità diverse.
Si tratta innanzitutto del corpus di “Giovane Arte Svizzera” e fotografie  proveniente dalla ex Banca del Gottardo. In linea con quanto intraprendevano nel secondo dopo guerra le aziende attive nel settore finanziario e assicurativo d’oltralpe, la Banca del Gottardo ha dato avvio già alla fine degli anni ’60 ad una collezione d’arte il cui scopo principale era di sondare e alimentare la scena artistica nazionale. Quadri e sculture che man mano andavano a formare il patrimonio artistico della banca provenivano da gallerie operanti nelle varie zone linguistiche della Svizzera.
In secondo luogo siamo custodi e promotori di una collezione d’arte di respiro internazionale che è nata al volgere del millennio grazie alla passione dell’allora Group CEO, Alfredo Gysi. L’ampliamento di questa parte della raccolta nel corso degli anni è stato condotto principalmente per allestire le sedi della banca nel mondo, l’ultima aperta in ordine di tempo quella di Como.
Se con la collezione di arte svizzera esposta nella sede di Palazzo Botta a Lugano abbiamo quindi la fortuna di poter documentare in modo quasi enciclopedico quarant’anni di storia dell’arte del nostro territorio, con BSI Art Collection, sparsa in più di dieci sedi del Gruppo BSI, volgiamo l’attenzione verso quell’universo dell’arte contemporanea che ormai non conosce più frontiere nazionali».

A.G.: Qual è il fil rouge che lega gli artisti delle opere acquisite?
Francesca Martinoli: «Se si sfoglia il catalogo della BSI Art Collection si noterà subito che dominano le opere d’impronta minimalista e concettuale. Quest’ultima tendenza richiede, oltre all’attenta osservazione, una spiegazione aggiuntiva per goderne pienamente il senso e spesso è provocatoria. Non è sempre facile da esporre in ambito bancario. A partire dal 2001 la minimal art è stata al centro dell’attenzione del grande progetto di ristrutturazione di Palazzo BSI a Lugano, sede che ospita uffici, salotti per la ricezione della clientela e il ristorante privato della banca. Artisti quali Daniel Buren, Robert Barry, John Armleder e Liam Gillick hanno concepito opere site specific, realizzate appositamente negli spazi in base alle caratteristiche dell’edificio. È stata una provocazione affascinante anche per i miei colleghi passare da un ambiente di lavoro decorato in modo tradizionale ad uno così profondamente mutato e radicale. Convivono ora con artisti che non considerano la loro opera come una creazione assolutamente indipendente da quello che la circonda ma come parte di una rete di relazioni e dialoghi con il contesto».

Daniel Buren, Prospettive (Archi), 2000-2005, termolacca bianca e carta adesiva nera su alluminio, 260 × 165 × 8,5 cm, installazione in situ a Palazzo BSI, Lugano, foto Franco Mattei

Daniel Buren, Prospettive (Archi), 2000-2005, termolacca bianca e carta adesiva nera su alluminio, 260 × 165 × 8,5 cm, installazione in situ a Palazzo BSI, Lugano, foto Franco Mattei

A.G.: Oltre all’acquisizione di opere, come si articola l’impegno della banca nei confronti dell’arte?
Francesca Martinoli: «Investiamo molta energia, è vero, nell’accrescimento e nella preservazione della nostra corporate art collection. Essa ci rende dei partner credibili quando operiamo su progetti artistici di largo raggio. Ma abbiamo anche delle collaborazioni istituzionali con due prestigiose istituzioni in Italia.
Dal 2001 siamo Istitutional Patron della Collezione Peggy Guggenheim a Venezia, uno dei musei italiani con il maggior numero di visitatori. È forse l’unico che non avrebbe bisogno di una programmazione di mostre temporanee nel calendario annuale per avere sempre affluenza di pubblico. Proprio quest’anno, in stretto contatto con il dipartimento di conservazione del museo, abbiamo deciso di sostenere due suoi importanti progetti di restauro: un capolavoro di Picasso e un’opera di Pollock, acquistati dall’ereditiera americana, verranno per la prima volta sottoposti a dei trattamenti non invasivi che impiegano le nanotecnologie. Siamo curiosi di attendere il risultato finale di questa operazione che potremo condividere con una parte di clientela interessata all’arte.
Più a sud siamo sostenitori dal 2005 dell’Istituto Svizzero di Roma, oggi il principale centro culturale della Svizzera nella Penisola. Esso offre opportunità nella formazione delle nuovo leve scientifiche e artistiche. La magnifica Villa Maraini in via Ludovisi, sede dell’Istituto dal 1947, ha ospitato due anni fa la mostra Allegro Giusto che ci ha dato la possibilità di inserire in un contesto nuovo e di far conoscere a un largo pubblico più di sessanta opere della nostra collezione d’arte».

A.G.: A chi è affidata la scelta delle acquisizioni e dei progetti?
Francesca Martinoli: «Facciamo tutto internamente e ogni proposta è sempre sottoposta al vaglio di un comitato scientifico composto da persone che hanno competenze e passione d’arte all’interno della banca. Da qualche anno abbiamo ridotto il ritmo di crescita della collezione per concentrarci maggiormente sulla sua struttura e fruizione tanto che le ultime nuove sedi a Lussemburgo, Monaco, Milano e Como sono state allestite con opere provenienti dai depositi e non erano ancora mai state esposte».

A.G.: Dove è esposta la vostra collezione?
Francesca Martinoli: «La collezione, fruita soprattutto dagli impiegati e dai clienti, è esposta per il suo 70% principalmente nelle zone di rappresentanza delle nostre sedi sparse nel mondo. Un’attenzione particolare è prestata al quartier generale a Lugano. Qui oltre ad organizzare delle visite guidate siamo in stretto dialogo con il nuovo centro culturale, il LAC (Lugano Arte e Cultura) che da febbraio ha in deposito triennale tre opere iconiche di BSI Art Collection: un igloo di Mario Merz, la scultura a guglie Minster di Tony Cragg e un arazzo della serie Alternando da uno a cento e viceversa di Alighiero Boetti.
Le opere della collezione sono inoltre spesso oggetto di prestiti per mostre temporanee presso istituzioni di riconosciuta importanza culturale. Recentemente è stata inaugurata la Biennale itinerante Manifesta a Zurigo dove un nostro quadro dell’artista svizzera Margrit Jäggli raffigurante il responsabile degli acquisti dell’allora collezione Gottardo è stato messo in un sofisticato dialogo con un ritratto di un Senior Curator di Julian Opie».

A.G.: Avete adottato un sistema di digitalizzazione per favorirne l’archiviazione, le movimentazioni e la gestione delle opere acquisite?
Francesca Martinoli: «La gestione del patrimonio artistico in BSI è affidato a persone di formazione storica artistica: i criteri di archiviazione adottati sono quelli degli standard museali. Utilizziamo un database che è stato sviluppato ed adattato alle nostre esigenze dai tecnici informatici della banca nel 2008 ma siamo a conoscenza dei progressi in questo settore e stiamo valutando alcuni nuovi software in commercio».

A.G.: Quali sono i vostri progetti e iniziative future?
Francesca Martinoli: «Al momento essendo in una fase di transizione dovuta al cambio di azionista, ci stiamo concentrando maggiormente sulla fruizione delle opere in collezione. Inoltre, nell’ambito del processo di integrazione con il futuro azionista, EFG, stiamo valutando diverse ipotesi per la valorizzazione del vero e proprio patrimonio rappresentato da una delle collezioni d’impresa più cospicue e importanti a sud delle Alpi».

A.G.: Quale consiglio darebbe a un giovane che volesse lavorare all’interno di un istituto finanziario che possiede una collezione d’arte come la vostra?
Francesca Martinoli: «Gli consiglierei di arricchire la sua formazione di storico dell’arte con degli studi imprenditoriali e/o legali e di tenere presenti gli obiettivi di un’azienda. È importante abituarsi a tenere in considerazione gli estremi dei  due modelli collezionistici: quello del museo e quello della collezione privata. La collezione d’arte di un’impresa si trova sempre un po’ a metà strada».

 

Alessandra Ghinato

 

http://www.bsiartcollection.com/
Copertina: Mario Merz, Senza titolo (Luoghi senza strada), 1994, Struttura metallica, morsetti, lastre di ardesia, neon, Ø 400 × 200 cm circa, foto Agostino Osio.

 

 

 

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