L’utilizzo di una strumentazione tecnologica come metodo può far fronte ai problemi connessi alla tempistica e alla contraffazione delle autentiche delle opere d’arte.
La commercializzazione delle opere d’arte ha dato origine a una crescente domanda delle stesse per far fronte alla quale nasce e cresce un fiorente mercato di falsi. Si rende quindi sempre più necessaria, non solo l’autentica dell’opera stessa, ma anche l’utilizzo di strumenti tecnologici e di pratiche che possano prevenirne la riproducibilità, come l’introduzione di sistemi di codici informatizzati e la tracciabilità delle opere stesse.
Nel film La migliore offerta di Tornatore, Virgil Oldman, direttore di una casa d’aste, verifica l’autenticità di alcuni dipinti con un monocolo alla ricerca della firma dell’artista. Basta questo a stabilire l’autenticità di un’opera d’arte?
Secondo l’articolo 64 del Codice dei Beni Culturali, chiunque venda pubblicamente opere d’arte ha l’obbligo di rilasciare all’acquirente una documentazione attestante l’autenticità dell’opera in oggetto. In realtà, la situazione è più complessa: sia per l’assenza, in Italia, di un albo ufficiale di esperti d’arte che ne sancisca definitivamente autorevolezza sia per la mancanza di una strumentazione diffusa e largamente condivisa che riduca i tempi di stesura della documentazione e ne impedisca la falsificazione.
L’attuale informatizzazione dei sistemi ha tuttavia rivoluzionato l’approccio all’arte grazie all’introduzione di pratiche digitalizzate di catalogazione e di rilascio di autentiche.
Prima dell’avvento della tecnologia, cioè prima dell’introduzione di strumenti tecnologici in grado di supportare una maggiore quantità d’informazioni e renderle accessibili, in sicurezza, agli utenti, i cataloghi dei musei e delle collezioni pubbliche e private erano schede cartacee con i risultati delle misurazioni e delle analisi scientifiche delle opere: in definitiva facilmente clonabili. Allo stesso modo, all’atto di acquisto di un’opera d’arte, veniva rilasciata l’autentica cartacea, comunemente composta da una fotografia in bianco e nero recante, da un lato, l’immagine dell’opera, dall’altro, un’attestazione con firma dell’esperto che ne convalidava l’autenticità. Metodo, anche questo, riproducibile.
Innovativi sistemi digitali sono stati, quindi, introdotti non solo al fine di ridurre i tempi necessari al rilascio in formato cartaceo dell’expertise (ossia una dettagliata relazione per la valutazione dell’originalità e dell’inquadramento storico-artistico dell’opera), della perizia (un documento contenente l’expertise con l’aggiunta del valore commerciale) e dell’autentica, ma anche al fine di annullare il rischio di clonazione dei certificati.
Uno di questi è il sistema messo a punto da MyTemplArt®, una piattaforma cloud-based certificata che, previa registrazione, permette di avere sempre con sé tutte le informazioni sull’opera d’arte in oggetto seguendone il processo di rilascio dell’autentica attraverso il proprio account e condividendone le informazioni secondo principi di privacy e sicurezza. Il problema della protezione dell’autentica è inoltre affrontato tramite un sistema QR-Code che ne consente la tracciabilità e blocca la contraffazione perché il codice è univoco, inclonabile e impossibile da rimuovere una volta applicato al documento cartaceo.
La tecnologia ha, però, originato anche nuove forme d’arte quali video, audio musicali e fotografie digitali e, con esse, una più elevata possibilità d’infrangere i diritti d’autore e falsificare la documentazione. In questo caso, poiché le opere messe in rete sono più velocemente condivisibili, esistono tecnologie basate sulla marcatura temporale per garantirne l’autorialità. Tra queste si annoverano le piattaforme che, attraverso un database blockchain, generano un’autentica incorruttibile riportante la firma dell’artista e la marcatura temporale che non sono in alcun modo falsificabili.
La diffusione di questi nuovi strumenti digitali potrebbe quindi contribuire a risolvere il problema dei falsi delle certificazioni contraffatte qualora condivisi, capiti e utilizzati su ampia scala non solo da archivi e gallerie pubbliche, ma anche da collezionisti privati che vogliono tutelare il patrimonio artistico di cui entrano in possesso.
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