Out of nothing…

Diplomato in belle arti alla Hanzehogeschooll di Groningen (una delle province più a nord dell’Olanda), Smilde ha eletto Amsterdam quale sede del suo lavoro. Egli fonda la sua pratica e concepisce le sue opere sulla base di un processo che si avvale di un delicato contegno. Quasi trasparenti nella loro semplicità, le fotografie dell’artista hanno come oggetto nuvole artificiali: si tratta di sculture fantasiose che paiono generate da sistemi effimeri, i quali si  posano sulla società come sfumature intangibili che modellano il clima. Come un mago che fa i suoi giochi di prestigio in cielo, Smilde è ammaliato dagli elementi atmosferici che danno forma a qualsiasi cosa, e il fascino dell’ideale pone le basi per ciò che lui cerca di catturare nei suoi lavori. In qualità di artista Smilde ha espresso l’interesse nella ‘costruzione e decostruzione dei materiali e degli elementi architettonici’ quali esame della stabilità e provvisorietà dell’esistenza umana. Egli per mezzo del suo lavoro elude ciò che si trova dietro il sipario, l’idea di base è che ‘la prospettiva nel mio lavoro è spesso soltanto una facciata che ha a che fare con le domande sulla perfezione e sull’ideale’. Ha esposto alla Ronchini Gallery, (2014), in precedenza alla Process Room dell’Irish Museum of Modern Art, (2008), al Bunker Project della Galerie West di The Hague, (2010). And with groups shows at Galerie Boven de Bank, Groningen, (2001), Nofound Photo Fair, Paris, (2012), Art 13, London, (2013), Saatchi Gallery, London, (2012), and Somarts, San Francisco, (2013); Smilde ha vittoriosamente trasformato le proprie idee in soluzioni ingegnose rivolte a un pubblico internazionale.

Rajesh Punj: Rivolgendoci al lettore che non conosce il tuo lavoro, potresti introdurre il tuo approccio e la tua pratica artistica?
Berndnaut Smilde: Il mio lavoro consiste in installazioni, sculture e fotografie. Spesso reagisco in relazione al luogo, rispondendo all’architettura o alla storia di un determinato spazio. La maggior parte della mia attività ruota intono agli aspetti del dualismo, del paesaggio, e la posizione di chi guarda. Per fare un esempio, i miei lavori sulle nuvole (Nimbus) costruiscono e distruggono allo stesso tempo; le mie installazioni e sculture indagano la costruzione e la decostruzione, la dimensione, la temporalità la funzione dei materiali e gli elementi architettonici.

RP: Le tue immagini sulle nuvole artificiali sono diventate il tuo marchio di fabbrica, cosa volevi comunicare con questi lavori?
BS: Li vedo come sculture temporanee, fatte quasi di nulla, in bilico sul margine della materialità, un’immagine sulla prospettiva di uno spazio (espositivo) vuoto. Per me il lavoro si compie sulla base di una nuvola all’interno di uno spazio nel quale la gente si proietta. Puoi considerare l’opera come uno scherzo del destino o come un elemento da un dipinto classico. Le nuvole hanno un qualcosa di inafferrabile e questo può spiegare perché le persone nel corso dei secoli hanno dato così tanti significati e hanno fondato i miti sulle nuvole.

Berndnaut Smilde, Installation View, Antipode Ronchini Gallery ( 11 April – 14 June 2014)1

Berndnaut Smilde, Installation View, Antipode Ronchini Gallery ( 11 April – 14 June 2014)

RP: E quanto è importante il luogo, o l’ ‘ubicazione’ delle tue nuvole artificiali per te?
BS: Si può dire che gli spazi fungano da basi per il mio lavoro e ne forniscano uno scenario. Sono tutti in qualche modo utilizzati come spazi espositivi, quindi si mettono in relazione con l’opera e con la storia e la tradizione del luogo. Io rincorro la rappresentazione di uno spazio ‘ideale’, e i lavori sulle nuvole sono anch’essi un mezzo per indagare su questo aspetto. Ci si potrebbe chiedere quale sia l’elemento più importante: il lavoro sulle nuvole o il luogo in cui esso risiede? E quale è maggiormente significativo? Mi piace domandarmi se i lavori sono in grado di modificare lo spazio, o interrogarmi sul modo in cui vediamo lo spazio dopo che le nuvole sono evaporate. E in tutto ciò abbiamo solamente la documentazione di qualcosa che è accaduto.

RP: C’è qualcosa di quasi metafisico nel modo in cui fai apparire le nuvole all’interno degli spazi? Voi intenzionalmente affrontare il concetto di astratto che entra in contatto con il reale?
BS: E’ un’immagine di ciò che è apparentemente impossibile. Inserire un fenomeno naturale in un contesto innaturale può sembrare di per se stesso minaccioso perché non si conosce il messaggio che porta. Ero curioso di scoprire cosa significasse imbattersi in una nuvola all’interno di uno spazio chiuso. Immaginavo cosa si provasse a passeggiare nella hall di un museo vuoto in cui non c’era null’altro da vedere che una nuvola librarsi nell’angolo della stanza. Inizialmente ho voluto creare un’immagine di massimo disorientamento per compensare ciò che ci si aspetta di trovare in una classica hall di un museo.

RP: Perché pensi che le immagini abbiano una forte attrattiva sul pubblico?
BS: Forse c’è qualcosa di universale e senza tempo nelle mie opere, forse è proprio per questo che così tanti fruitori diversi vi si sono relazionati.

RP: La versioni di questi lavori che hanno avuto maggior successo sono Nimbus (2010), Cloud in Room II (2012), e Nimbus Dumont (2014), essenzialmente grazie al peso e alla densità di questi oggetti effimeri. Sei consapevole di questi dettagli in relazione alla scelta di inserirli all’interno degli spazi?
BS: Sicuramente la densità, la dimensione, la forma e il peso è qualcosa che devo considerare attentamente e adeguare. Le nuvole devono avere un certo peso e ingombro. Al fine di essere in grado di identificarmi con il lavoro (mentalmente e fisicamente), le proporzioni tra la nuvola e lo spazio devono essere corrette. Possiamo fare il paragone con un pittore di paesaggi classici il quale si serviva delle nuvole come strumenti per rendere la giusta atmosfera. La luce, i riflessi e le ombre sono parte di questo.

RP: Parliamo del lavoro Iconoclouds 2013 commissionato per l’Harper’s Bazaar nel quale ritrai Karl Lagerfeld e Donatella Versace a fianco delle tue nuvole; sei stato completamente soddisfatto dell’inserimento delle figure nello spazio; questa scelta competeva con l’estetica esistente?
BS: Quello è stato un esperimento di successo e una sfida a introdurre un altro (iconico) personaggio nel lavoro. Ero curioso di capire se l’opera poteva funzionare come ritratto.

RP: Tu hai espresso l’interesse nel catturare la ‘speranza’ e la ‘fragilità’ nel tuo lavoro; cosa ti attrae verso questi stati evanescenti ; specialmente in relazione alla stabilità di alcuni tuoi altri lavori?
BS: Molte delle mie opere sembrano funzionare bene ma sono spesso destinate a fallire. Così come la nuvola viene costruita e distrutta allo stesso tempo. Se ha una base materiale, fisica o se si basa sulla tua prospettiva di fruitore. La prospettiva spesso nel mio lavoro è solamente una facciata che affronta la questione della perfezione e dell’ideale. Non si tratta né di negare se stesso (come i lavori del ‘Kammerspiele’) né di essere così delicato da potersi rompere. Il mio lavoro crolla presto e dimostra la sua provvisorietà. C’è sempre un limite nel mio lavoro dal momento che è destinato a disintegrarsi. L’ideale e la transitorietà sono connessi in questo caso.

RP: Sembra che tu ci metta una sensibilità considerevole in tutto ciò che fai, ne sei consapevole?
BS: Una via di mezzo mi sembra che attualmente non abbia ancora uno scopo, ed è pertanto aperto a interpretazioni. Non c’è ancora un risultato definito con il quale ci si può relazionare. La transizione dimostra tracce di storia e visioni future.

Berndnaut Smilde, Installation View, Antipode, Ronchini Gallery (11 April – 14 June 2014)

Berndnaut Smilde, Installation View, Antipode, Ronchini Gallery (11 April – 14 June 2014)

RP: Ci puoi spiegare qualche altro tuo lavoro importante?
BS: Nel 2009 ho partecipato a una residenza ad Askeaton, una delle comunità irlandesi più antiche, ho scoperto che nel 1840 molti dei residenti immigrarono nel Wisconsin e fondarono una nuova Askeaton. La prima immagine che ho visualizzato di Askeaton Wisconsin su Google Street è stata un solitario fienile rosso sul lato della strada, mentre non esistevano ancora immagini su Google Street di Askeaton Irlanda. Così ho costruito una copia della facciata del fienile rosso, l’ho sistemata come fosse materiale scenico lungo la strada principale dell’Askeaton irlandese e l’ho messa infine in rete. Speravo che se la macchina fotografica di Google avesse catturato la città originale, la mia immagine sarebbe stata scelta e le visuali delle strade di entrambe le città avrebbero dunque raffigurato lo stesso fienile. Nel 2012 Google ha completato questo lavoro rappresentando la facciata del fienile della Askeaton irlandese sulla visualizzazione stradale. Mi piace l’idea della transizione prendendo un oggetto dalla rete e inserirlo nel ‘mondo reale’ dove può essere catturato ed eventualmente reinserito nella realtà. Mette in dubbio la realtà.

RP: Tu hai parlato precedentemente e in maniera molto eloquente dell’origine dei lavori come Gamut 2014, nei quali esageri il significato visuale delle vecchie cartoline. A cosa alludono queste immagini per te?
BS: Con l’autorizzazione degli Stati Uniti nei primi anni del 1900 di stampare la parola ‘post card’ sul lato posteriore della carta veniva dato il permesso di poterci scrivere, riservando all’immagine il lato anteriore. Questa fotografia ha iniziato così a fungere da souvenir da un ‘altro mondo’, dall’esotico e ideale. La cartolina divenne una proiezione della nostra abitudine culturale di guardare al paesaggio. Un ritaglio di un paesaggio perfetto senza alcun disordine. Mi piace questa idea di desiderio che si cela nella cartolina, anche se si può dire che in questi anni sia ormai estinto. Le cartoline sono mediatrici tra le nostre aspettative e la realtà.

RP: Qual è la relazione tra il lavoro Gamut e l’installazione del 2013 Kammerspiele?
BS: Si basano entrambi sull’immagine delle cartoline che rappresentano i paesaggi, però utilizzati come immagini panoramiche o murali. Kammerspiele ha a che fare con la suggestione di una porzione di esse o dell’interno. Le mattonelle bianche bloccano le visuali ideali rappresentate, creando attrito tra l’ideale e il funzionale. Gamut consiste invece in pilastri in legno stampati. Le stampe dei paesaggi sembrano quasi dissolversi nel legno lasciando le fessure visibili. I pilastri sono vettori e si riferiscono alla costruzione.

RP: Sembra che tu abbia la padronanza delle proporzioni nei tuoi lavori; dal momento che passi da opera come Sarcophagus Americanus del 2006, alla precisione miniaturizzata di When the world is green del 2007. Come determini in peso visuale di un lavoro?
BS: Un schizzo è indispensabile, e rappresenta un’idea più ampia di come ci possiamo relazionare ad esso. Altri lavori richiedono quasi la grandezza uomo per essere in grado di potervisi rapportare, come con i lavori sulle nuvole ad esempio. È tutta una questione di proporzioni.

RP: La maggior parte dei tuoi lavori sono guidati dalle idee, o ciò che fai è più determinato dalla ‘scala’ e dai ‘materiali’?
BS: Entrambe le cose credo. Uno spazio determina già spesso la scala. Io sono anche un maniaco dei materiali e amo costruire oggetti.

RP: C’è qualcosa nei tuoi lavori che ‘codifica’ una sorta di nostalgia, ciò avviene tramite l’utilizzo di cartoline e di stampe fotografiche su larga scala?
BS: Assolutamente. Si può anche dire che ci sia qualcosa di pittoresco in loro. Sono interessato a come percepiamo e rappresentiamo l’ideale e lo investiamo di significato.

RP: Con le tue apparizioni di nuvole e la costruzione di illusionistici luoghi storici, ti senti più mago che artista?
BS: Non posseggo nessun potere, metto solamente le cose in un ordine diverso, penso che sia ciò che l’artista solitamente faccia.

RP: Le tue influenze sono esclusivamente visive?
BS: Le associazioni iniziano quasi sempre da un elemento visivo. Mi piace molto anche ciò che Bruno Latour descrive come Iconoclash. Parla del dualismo in cui si incorre interpretando certe immagini o situazioni. In queste circostanze è impossibile determinare cosa stia succedendo esattamente. C’è un momento di attrito, uno scontro tra le diverse valutazioni e le verità che portano incertezze. Non si può dire con certezza se si dovrebbe interpretare la situazione come negativa o positiva.

RP: A cosa stai lavorando ora?
BS: Sto lavorando a una proposta di opera d’arte pubblica e voglio redarre un libro.

Traduzione dall’inglese di Ilaria Carvani

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